IL Rione Terra: il borgo delle occasioni

Si dice che il treno passi una sola volta. Se è così, Pozzuoli ha già perso il suo treno da tempo.
Eravamo negli anni ’80, quando alcuni tra i più importanti imprenditori italiani (in primis la famiglia Agnelli)  bussarono alle nostre porte per investire ingenti quantità di danaro sul Rione Terra.
All’epoca, chi di dovere non riuscì a guardare lontano e rispedì tutti a casa.
“Se avessero accettato – pensa qualcuno – oggi Pozzuoli vivrebbe di rendita”.
Ipotesi, pensieri, supposizioni.
Ciò che è certo è che oggi, con il sito archeologico riaperto ed il 70% dei lotti ormai completato, il Rione Terra è pronto a vivere una nuova vita. Per la politica è così giunto il momento di compiere scelte importanti.  
Che destinazione dare alla rocca? E a chi affidarne la gestione?
 Sono solo alcune tra le domande che ormai quotidianamente si pone chi ha in mano il Governo di questa città, ed è proprio a queste domande che proveremo ad azzardare una risposta.
Ma partiamo dal principio.

Già nel 2013, il Comune di Pozzuoli chiese alla TRADEMARK (società riminese di consulenza) di effettuare un’analisi di mercato sulle potenzialità di sviluppo turistico ed economico del Rione Terra.
Dello studio, fu fatta una relazione che, nell’esaminare varie ipotesi di destinazione ( tra cui l’ipotetica quanto aberrante idea di rendere  il Rione Terra un resort di lusso di stampo archeologico con tanto di accesso riservato ai soli ospiti del “villaggio”) , concludeva suggerendo al Comune di indire “un bando internazionale per  un’unica locazione del sito comprendente alberghi, negozi e botteghe da arredare”.
Secondo gli esperti, in sostanza, risulterebbe vantaggioso mettere la gestione della rocca nelle mani di un unico investitore, un vero e proprio “salvatore della patria”. In teoria, in questa vicenda, il Comune potrebbe comunque mantenere una forte “golden share”(vale a dire la possibilità di porre condizioni agli investitori e mantenere  poteri di controllo) ma, come non è difficile immaginare, nella prassi tutto diventa difficile. Come porre paletti ai già pochi investitori? Come limitare chi “gentilmente” giunge per investire fior di milioni in una zona non certamente prospera dal punto di vista ricettivo, priva di posti auto e con un trasporto pubblico praticamente assente? Il rischio che i puteolani vengano spogliati della Rocca Millenaria è evidentemente molto alto.
 E’ proprio su questo punto, infatti, che la relazione Trademark mostra tutti i propri limiti: una trattazione che guardi la questione solo dal punto di vista economico rischia di perdere per la strada elementi fondamentali per la nostra città, come tradizione, storia, caratteristiche peculiari.
A nostro parere, una soluzione alternativa, che invece tenga conto delle nostre radici, esiste.
Immaginiamo un Rione Terra brulicante di botteghe di artigiani, negozi di prodotti tipici locali, ristoranti che diffondano la nostra ottima cucina, luoghi suscettibili di divenire tappa obbligata per i turisti in visita al sito archeologico. Non possiamo pensare , infatti, a un Rione Terra che non sia direttamente connesso al percorso archeologico sul quale si instaura. Pensiamo alla possibilità di aprire, nei piccoli locali appena rinnovati, anche piccoli “musei “ che raccontino le nostre tradizioni, la nostra storia, come già avviene con successo in altre città, che “dal nulla” hanno creato attività sfruttando le loro caratteristiche migliori.

Il tutto andrebbe gestito da piccole cooperative, affidando loro in concessione singole zone riservate per categoria tramite gare d’appalto. Riteniamo che la Rocca Millenaria che ci appartiene debba essere un gioiello per l’imprenditoria locale, gestita tramite la coesione dei  vari soggetti sociali e soggetta al controllo del Comune, unico soggetto a cui dovrebbe essere ben chiara la destinazione ultima del Rione Terra nel quadro dell’organizzazione complessiva dell’intera città: pensiamo al porto, alle periferie, al progetto Waterfront.
Per far si che questo avvenga, tuttavia, i puteolani devono essere messi nelle condizioni di collaborare per lo stesso fine.
A questo proposito, riteniamo che sia necessaria la più grande opera di costruzione del tessuto economico e sociale che a Pozzuoli sia mai stata fatta.
In questo percorso sarà il Comune a dover svolgere un ruolo necessariamente chiave, creando tavoli di concertazione e dibattiti, stimolando la formazione di cooperative (per esempio, attraverso ulteriori agevolazioni fiscali rispetto a quelle già riservate) e promuovendo le opportunità  offerte da un simile investimento.
Infine, potrebbe essere utile riunire i produttori ed infine dare spazio a chi ha idee innovative, alle nuove tecnologie.
Solo e soltanto se tutti questi tentativi verranno inutilmente esperiti, allora potremo arrenderci all’idea di un unico investitore, anche “straniero”. Fino a quel momento, la politica avrà su di sé l’enorme responsabilità di creare le condizioni per rendere tutti partecipi di una ricchezza costruita nel tempo, ma condivisa e basata sulle nostre capacità e tradizioni.  
La verità è che, negli anni ’80, i grandi imprenditori vennero si rifiutati, ma d’altro canto mai si intraprese una vera e propria inversione di marcia e di mentalità:  a Pozzuoli, dopo 30 anni, continuiamo ad attendere il Messia, colui che ci salvi grazie al potere sonante dei soldi. Al potere di pochi, basterebbe sostituire il potere delle idee e della buona politica: una politica che abbia ben chiaro l’obbiettivo ultimo, e sia in grado di raggiungerlo con discussione e condivisione.
Non è troppo tardi ma, affinché il treno passi una seconda volta, è necessario innanzitutto acquistare il biglietto. Il momento è arrivato.  

 

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